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Il Visitatore e l’Orto.


In L'orto di Piero, Poetica di un contadino a cura di Imelda Bassanello, 2014.

Artista offre ai nostri sensi delle pazienti fotografie dell' Orto attraverso le stagioni, un orto vasto recintato da muri e siepi.
Si avvicina il Visitatore, accarezza le foto con lo sguardo,
si dissolvono allora i contorni,
si sente il polso della materia del Mondo.
Egli si dissolve nel tempo e nello spazio.
E' dentro al recinto, ci soggiorna, inala l’odore della terra fertile, si immerge gradualmente nella rêverie, in un sogno/pensiero ad occhi aperti. Delle antiche parole si risvegliano, parole indo-europee, Wrtis, il recinto, Ghordhos la cinta e il latino Hortus, l’Orto, parole vicine che esprimono dalla notte dei tempi uno spazio vivo nato dentro i suoi limiti.
Sì, è vero, l’Artista, quale che sia il modo, sa rendere visibile l’essenziale delle cose, senza imporlo. Ma cosa sarebbe l’essenziale in questo caso ?
La terra fertile nel suo dominio.
Questa terra che richiede la preoccupazione durevole dell' uomo…la permanenza di questa preoccupazione.
La permanenza come posta dell' esistenza è nata dalla sedentarisazione, dall'agricoltura, e alcune tracce si trovano nelle parole indo-europee. La permanenza pone quindi la questione cruciale del "domani", cosa accadrà domani ?
Che cosa produrrà la terra lavorata, irrigata, accarezzata ?
Al centro è l' Uomo, la sua sopravvivenza, la sua vita. E l'Uomo vive perché è quello che sempre interroga, e interrogando si proietta fuori di se stesso. Come dice il Filosofo questa è la sua essenza, sempre già fuori di sè nel Mondo, nella preoccupazione dell’Altro.
E' colui che guarda le stelle non seguendo un percorso che lo porterebbe in cielo.
No, è già lì prima di essere in se stesso.
Il ritorno dentro di sè sarebbe la riflessione e così Lui potrebbe pensare.

Il Visitatore sognò/pensò "ah si, le stelle!" e impercettibilmente superò un grado nel suo sogno ad occhi aperti.
Tanto tempo fa, una sera d'estate, il bambino della città era appollaiato sul balcone del palazzo dov’era nato. Quella sera pareva simile ad un altra, eppure… I suoi occhi si tuffavano nel cortile stretto, grigio, vuoto, scrutavano ma non usciva niente! Allora il suo sguardo si proiettò verso il firmamento e vide "la Stella". Per un attimo riflettè, chiamò suo padre, reclamò quella stella, senza davvero crederci.
Quella sera d’estate era accaduto un miracolo.
L’Uomo si era probabilmente svegliato in lui. Il bambino “era nato” un’altra volta e sarebbe rimasto per sempre destinato all’apertura al Mondo. Il suolo del cortile, questo recinto nel suo silenzio immutabile e nel suo triste grigiore, nel suo Niente, gli aveva rivelato le stelle.
Di lì a poco il bambino scoprì la strada. Non sapeva ancora che, dedicato al Mondo, Lui sarebbe stato destinato a dedicarsi agli altri.
Davanti all' ingresso della sua casa, un mostro gli morse a lungo la guancia e tutto il quartiere ammirò quello che sembrava essere un gesto di affetto. Il bambino avrebbe ricordato per tutta la vita questo atto originale, davanti a Tutti. Il mostro si sarebbe chiamato un giorno "compagno". Il bambino si liberò dal morso doloroso e ciò gli aprì la porta della liberazione.
Poi fece un “giro”, affiancato dai suoi genitori, con presentimenti di tortura. Sì, i suoi genitori lo stavano portando da un mostro, ma perché? Quest’ altro mostro si sarebbe chiamato "Dottore"!
Ma le verruche svanirono.

La strada era ansia ... però apriva anche al fascino...come quella gigantesca grotta colorata e profumata di Maestro Massimi, popolata da strani esseri gonfiati, piccoli, grossi, rotondi, filiformi, bianchi, gialli, rossi, che presero il nome di formaggio, burro, gnocchi, spaghetti...
E più avanti ancora, oltre la casa, Lui avrebbe fatto un lungo viaggio spaparanzato nella macchina. Poi, fuori, dopo qualche passo, dietro un sipario spesso, sarebbe sorto in un fracasso orribile un enorme mostro/macchina, e il Visitatore bambino sarebbe fuggito in lacrime.
Si sarebbe affacciata la parola "cinema".
Un anno dopo, insieme a Sansone avrebbe distrutto un palazzo; Sansone sarebbe sparito, ma Lui no, sarebbe sopravvissuto. E il profumo che aleggiava nel cinema sarebbe stato per tutta la vita il compagno della sua nostalgia.
Un giorno i suoi genitori lo avrebbero abbandonato in una casa gigantesca con odore di minestra, popolata di strilli e Lui sarebbe fuggito e si sarebbe trovato da solo per le strade della grande città, fiutando senza paura la direzione verso la libertà! Avrebbe così respinto la prigione, l’inferno della mensa. E quanto ricco sarebbe stato il seguente Natale con le luci e le vetrine del desiderio.
Quindi, più in là nel tempo e al di là della città, il Visitatore avrebbe incontrato un albero nel bosco, al filo delle stagioni.
Qual’era la sua essenza ? Il ballo !
E questo, Lui l’avrebbe sentito al primo sguardo. Quell' albero, l’avrebbe sentito ballare e avrebbe ballato per sempre. Nel tempo l’albero sarebbe diventato robusto, circondato da alberini/ballerini, e il ballo si sarebbe allora amplificato. Quell’albero Lui l’avrebbe cantato in un inno alla scultura vivente, all'opera d'arte, alla persistenza nel suo essere, alla sua stabilità nella scia del tempo.

Il Visitatore riprese coscienza. Il viaggio della sua vita avrebbe avuto origine sul balcone/Itaca, sarebbe avvenuto con Itaca nel cuore, la Stella, il cortile, la strada dei combattimenti eroici, delle luci e della libertà…l’apertura al Mondo, all'Altro.
Capì che il bambino si era vagamente reso conto allora che avrebbe avuto il compito di “essere“ per essere Uomo.
Di fronte all'infinito del possibile, al nulla, alla libertà, l'angoscia si sarebbe inpossessata di lui perchè il possibile è inesauribile.
Quell' angoscia l'avrebbe accompagnato tutta la vita.

Il Visitatore capì allora la sua dissoluzione nelle immagini dell' Orto. Aveva sfiorato l'infinito dentro il recinto! L’infinito che assorbe i limiti.
E proiettarvisi non sarebbe il gesto di una carezza? La carezza che libera l'energia vitale pregna delle cose sapute o presentite, sfiorate, pre/sapute, liquide come i flussi di raggi che irrigano la terra, si fondono in essa e improvvisamente zampillano verso il cielo.
Quindi lui pensò...ma come si potrebbe allora leggere le cose del Mondo senza leggere le stelle? Come si potrebbe disegnare le città senza mappa del cielo? Come? Come? E come ancora ?

L’Orto nel suo recinto, nella permanenza della cura di Maestro Piero, l’Orto in fotografie sentito dall’Artista l’aveva portato al di là della realtà e sorse allora questa ultima domanda…come sarebbe possibile la persistenza nel suo essere negando il bambino dentro di sè ?

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